Giorgio “Josh” Geromin - Lighting e set designer

Le interviste dei protagonisti del tour di “Dove volano le aquile”, l’ultimo CD del rapper napoletano Luchè.

Giorgio “Josh” Geromin - Lighting e set designer

 Il 19 novembre l’RDS Stadium di Rimini ha ospitato la prima tappa del tour di Luchè. Un artista che ha fatto la storia dell’hip hop italiano, prima con il duo Co’Sang e poi con una più che rispettabile carriera solista. Andiamo ad ascoltare uno dei professionisti che ha permesso la creazione e la messa in campo di questo tour.

Di cosa ti sei occupato, durante questo tour?

Ho seguito il disegno del palco, la parte scenografica, la regia luci e le fasi di programmazione. L’idea di base era quella di costruire una scenografia avveniristica, dal punto di vista delle forme. Un’ambientazione non terrestre, che potesse dare la suggestione di un altro pianeta. Tutto il concept del disco è incentrato su questi temi: le strutture sono “industrial”, e restituiscono l’idea della mano dell’uomo su un pianeta disabitato.

Com’è l’impatto visivo?

Si inizia con il palco coperto da un telo in voile nero, molto leggero, che permette di sfruttare le ombre e il canto in controluce durante il primo brano. Poi cade in un secondo momento.Nella prima parte dello show l’artista ha chiesto un impatto molto stroboscopico, con molti flash. Ci hanno aiutato molto le strobo JDC1 della GLP, ormai uno standard. Per le ambientazioni abbiamo usato invece i Domino della Ayrton, ovvero un faro preciso e potente che permette di usare molti gobo e animazioni sui prismi.
Gli spot sono un po’ più datati, ma reggono ancora il colpo: sulla frontale abbiamo montato dei Vari-Lite VL 4000, per fare sia lo spot sia le ombre sul telo. Poi usiamo Claypaky K20 per il colore e DTS Katana. C’è molta intensità luminosa, anche a discapito del frontale, in certi momenti. L’artista vuole un controluce molto presente.

Quindi, il rapporto col video…?

È una lotta. Sono dovuto rimanere indietro io, per una volta: la potenza era tanta e dovevo stare tranquillo. C’è poi la struttura che seziona il video e il palco, creando cinque “finger” riuniti in una sorta di mano, e poi tutte le luci di cui ti ho parlato. Il LEDwall rischiava di essere sovrastato.

E fuori dal palco?

Sul palco B abbiamo lasciato una bordatura di LEDwall e, sul piano calpestabile, sedici Claypaky Sharpy di contorno, che creano una sorta di effetto gabbia. Infine, un paio di seguipersona con le gelatine, per adeguare la lampada a scarica ai LED. Poi un po’ di CO2, fumo basso, eccetera. Niente fuoco.

Che console usi in regia?

Ovviamente MA3 in versione 2, che è ancora la soluzione più affidabile. Il mio problema è che la versione 3 ancora oggi non supporta la funzione di “cloning”, scegliendo cosa clonare. La versione 2 permette di copiare, da un faro all’altro, solo il colore, solo le posizioni o solo le intensità. E questa mancanza nella versione nuova è un limite enorme.