Imany

The shape of a broken heart.

imanyA fronte del successo nel Bel Paese e nell’Europa orientale del singolo You will never know, la cantante di nazionalità francese Imany ha aggiunto alla sua tournée un’altra tranche, che l’ha vista solcare ben otto palchi italiani in appena dieci giorni.

L’album The shape of a broken heart è stato pubblicato nel maggio del 2011 in Francia ed in diversi altri paesi europei ed era già disco di platino in Francia ed in Polonia nel 2012. Il primo single estratto da questo disco, You will never know, come una bomba a scoppio ritardato, non ha debuttato in radio in Italia fino a due anni dopo la sua pubblicazione, ma è esploso in popolarità ed è diventato un tormentone per tantissime settimane, raggiungendo anche il secondo posto in classifica, chiudendo il 2013 al numero otto nella classifica nazionale dei single.

La tournée a supporto di questo album aveva già fatto diverse tranche dall’inizio del 2012 ma, battendo forte mentre il ferro è caldo, l’agenzia dell’artista ha organizzato un tour de force con quattro date in Polonia e Russia ed otto in Italia in solo sedici giorni all’inizio di dicembre.

Il riscontro del pubblico è stato ottimo in tutta la Penisola, con un sold out a Roma decretato ad un mese e mezzo di distanza dalla data, ragguaglio di certo confermatoci anche dal pubblico riminese, piacevolmente variegato e allo stesso tempo attento e coinvolto dalla sofisticata atmosfera musicale. Un tale successo è stato, forse, anche parzialmente determinato da una genuina curiosità da parte del pubblico italiano per un’artista dalla carriera alquanto particolare.

Nata e cresciuta in un’isola del Madagascar e divenuta presto un’atleta specializzata nel salto in alto, Imany si è poi trasferita in Francia lavorando come modella per una delle agenzie più importanti del mondo, il tutto, ovviamente, prima di entrare negli studi musicali e affermarsi come cantante, oltre che come autrice di testi e musica delle proprie canzoni.

 

Marco Morelli – Direttore di produzione

Ci spiega Marco: “Io lavoro per la produzione italiana, Sounday srl, un’agenzia di Torino che distribuisce gli artisti che vengono dalla Time records, curando i tour per le date italiane. Questa è la vera prima tournée italiana di Imany, ed io mi occupo di tutta la parte della produzione, oscillo quindi tra la figura del tour manager e, del road manager, del direttore di produzione e faccio da tramite tra i tecnici francesi e i vari service e promoter... insomma un “one man show”.

imany

“In tour siamo in 14 – continua Marco – sette musicisti più l’artista sul palco, poi ci sono fonico di sala, fonico di palco, backliner, datore luci, tour manager e l’autista del pullman. Visto com’era strutturato il tour, hanno deciso di viaggiare in sleeping bus, artista compresa. Abbiamo, quindi, nelle città alcune camere prenotate ma vengono sfruttate come appoggio, per fare le docce e darsi una sistemata...

Quante date farete?

Otto date in 10 giorni, quindi con parecchi back-to-back. La prima data è stata Milano, loro arrivavano da fuori, avevano fatto una data a Cracovia, una a Mosca ed una a Sanpietroburgo. Sono atterrati a Malpensa e il giorno stesso hanno fatto la prima data a Milano, un giorno off, poi Firenze, Roma, Bari, Napoli, un giorno off, poi Senigallia, Rimini e Torino.

Quindi questa è la classica mezza produzione?

Sì, la possiamo inserire alla voce “mezza produzione”, hanno al seguito il backline, il set degli in-ear monitor, gli Shure PSM1000, ormai difficili da reperire dati i costi, il radiomicrofono dell’artista e la console luci. Il resto è tutto sul posto, con un service diverso ad ogni data: questo è stato il vero dramma logistico. Le uniche due date con lo stesso set up sono state quella di Senigallia e questa di Rimini, anche perché sono organizzate dallo lo stesso promoter, Willie Sintucci di Pulp concerti.

Come si svolge il tuo lavoro?

Il mio lavoro inizia subito la mattina dell’arrivo alla location: prendo contatto con i tecnici locali, presentando e facendo da tramite con quelli francesi. Controllo, quindi, che tutte le richieste siano state rispettate, ed eventuali aggiustamenti e compromessi... Poi passo a controllare che i camerini siano a posto, trovo il ristorante per il pranzo e tutta la logistica fino alla sera.

Qual è la scheda tecnica richiesta?

Abbastanza impegnativa: la prima che ci è arrivata era per teatri grandi o palazzetti, quindi anche con disegno luci importante, un set up audio abbastanza curato, con un set di palco che comprendeva tassativamente un PM5D senza possibilità di alternative. Sono richieste che, da fonico, capisco: avendo molti in-ear monitor, non possono stare a perdere tempo per curare l’ascolto di otto musicisti da zero, quindi anche sui microfoni sono stati abbastanza vincolanti. Di fatto alcune cose se le portano dietro, tipo i mezzi fucili per la sala, il microfono della cassa, le cose più delicate insomma, in modo da avere uno standard di partenza che sia sempre lo stesso, così da ottimizzare ogni situazione in breve tempo. In sala, invece, il fonico è stato molto più elastico, si è preso qualsiasi banco gli abbiamo proposto, dal Digidesign a Milano, allo Yamaha CL5 a Bari, mentre qui a Rimini abbiamo un Crest analogico e anche domani a Torino avremo un altro banco analogico. Per risolvere queste diversità, il fonico si è portato un suo rack dove ha il MultiRack della Waves remotato all’interno del suo computer, con cui riesce a sistemarsi un po’ ovunque.

Avete fatto tutti teatri?

Siamo partiti, da Milano, ai Magazzini Generali; abbiamo poi fatto l’Hobby All a Firenze, quindi un palazzetto; siamo quindi passati a Roma all’Auditorium alla sala 700, la più classica. Sinceramente si sarebbe potuto tranquillamente fare anche la 1200, i biglietti sono, infatti, andati sold out un mese e mezzo prima, ma, probabilmente, essendo il primo tour hanno cercato di andarci cauti: meglio fare un sold out nella 700 che una sala non piena nella 1200, il riscontro mediatico è diverso. Abbiamo poi fatto un festival a Bari, il Mighty Max, quindi capannone enorme, un bell’evento.

Come ti sei trovato a lavorare con loro?

Il primo approccio è stato un po’ drammatico perché sono molto rigidi nelle richieste, però bisogna ammettere si sono dimostrati veramente bravi, il lighting designer e il fonico, anche con impianti terribili, sono riusciti a tirare fuori belle cose. Spesso ti capitano quelli esigenti ma che sono tali perché non sanno metterci del loro, chiedono quindi le tecniche, ma non è il loro caso, sanno dove mettere le mani.

 

Il service locale – Backstage imany

Il service Backstage, di Fano, ha seguito le due date a Senigallia e a Rimini. Paolo Curatolo si è occupato dell’audio sul palco, Cristiano Fuligni si è occupato del backline, Daniele Occhipinti delle luci ed Alessandro Pari dell’audio in sala. Per vedere le cose anche dalla prospettiva locale, abbiamo fatto anche due chiacchiere con questi simpatici ragazzi.

“La richiesta – ci raccontano – era per la fornitura del PA e monitoraggio sul palco e delle luci.

“Per l’impianto audio, abbiamo portato un PA della Nexo Geo S12 con sei sub S15 montati sempre in modalità cardioide. Sul palco abbiamo fornito diversi JBL. I cluster del PA sono formati da cinque Geo S1210, che fanno da metà platea a tutta la galleria, più un Geo S1230 che serve le prime file. Mentre ieri a Senigallia, essendo il teatro più grande, avevamo montato sette S1210 più un S1230, oltre naturalmente a motori e sospensioni. Abbiamo dedicato molto tempo al progetto del PA, studiando meticolosamente i puntamenti e tutta la copertura, perché i francesi, si capiva dalle richieste, erano molto esigenti con delle richieste chiare e dettagliate.

“Per quanto riguarda le luci – ci raccontano – abbiamo trovato un equilibrio tra quello che chiedevano e quello che gli potevamo dare. Ci sono otto Robe REDWash 192.3, otto Robin LED300, sempre wash e otto ColorSpot 700, sempre della ROBE. Come alogene ci sono delle normali convenzionali per la sala e per fare gli speciali, degli ACL e dei PAR”.

In quanti avete lavorato in questa produzione?

In totale sei persone del nostro service, oggi però ci hanno dato una mano anche quelli del teatro Novelli, mentre ieri abbiamo dovuto fare tutto da soli.

Come vi siete trovati a lavorare con i tecnici francesi?

Sono molto professionali, tranquilli e disponibili, ma allo stesso tempo abbastanza pignoli. Cerchiamo di dargli il massimo, magari ci mettiamo mezz’ora in più, ma cerchiamo di lavorare al meglio. Questa mattina abbiamo impiegato più di un’ora per definire il progetto del PA, abbiamo preso le misure della stanza metro per metro. Ieri sera durante il concerto c’era qualcosa che non gli tornava, oggi il fonico ha preteso di verificare tutti i driver come se fossimo in manutenzione, abbiamo fatto un check-up completo, verificando che fosse tutto ok.

Dopo il soundcheck, ci tocca aspettare un po’ per parlare con i tecnici in tour, perché devono partecipare ad una prova musicale piuttosto insolita: per l’ultima data la sera successiva, la crew si unirà alla band per fare un brano sorpresa all’artista.

 

imanyL’audio in sala

Finite le prove, parliamo con il fonico FoH, Antoine Guyonnard.

“In questa tranche – ci racconta Antoine – porto solo un rack da dieci unità con gli effetti ed il computer con Waves Multirack, che uso per i compressori multibanda. Poi ho due preamplificatori analogici. Uno di questi è per la voce, un SPL Channel One che ha un’uscita digitale che va al computer. L’altro preamp è un Avalon 737 per il basso. Uso un TC Elettronic System 3000 per i riverberi. La cosa più importante, comunque è il computer, che fa tante cose: registrazione, effetti, analisi ecc.

“Porto dietro anche un Lake Mesa Quad EQ. È un ‘mini-Lake’ che ha solo quattro canali, ma con quello sono in grado di fare il mio setup proprio di left, right, sub, delay, EQ ecc. Questo è di grande aiuto in un tour come questo, dove cambia tutto ogni sera.

“Oltre queste cose – continua Antoine – portiamo solo il microfono per la voce, un Sennheiser e965 radio. Abbiamo provato tantissimi microfoni sulla voce di Imany, che ha uno spettro molto ampio, nel senso che ha dei contenuti importanti in frequenze molto basse e molto alte. Mi piacciono tutti i microfoni Sennheiser di quella serie, dinamici e condensatori. Infine, portiamo dietro anche i microfoni ed i pickup piezoelettrici per i violoncelli e tutte le DI, solo per poter usare le stesse DI ogni sera.

“Per tutte le date, a parte Senigallia e Rimini, abbiamo avuto dei service diversi e, conseguentemente, materiali diversi”.

Quali console richiedi dai fornitori locali?

Non chiedo specificamente un banco analogico ma, in quasi tutte le situazioni in cui ci troviamo in questa tournée, è quello che si trova. In generale ho trovato delle console analogiche di alta qualità. Non ho nessun problema fare lo spettacolo con la Crest che c’è stasera, ma la preferenza in queste situazioni sarebbe una grande Midas analogica XL3, XL250, H3000 ecc. Ho usato anche diverse console digitali per questo concerto. Le conosco tutte abbastanza bene per fare il lavoro qui ma, di nuovo, la mia preferenza va alla Midas serie Pro.

La patch list non è molto grande: dal palco ricevo 28 canali, poi ci sono cinque canali di talkback che uso con alcuni musicisti, solo durante soundcheck, e durante lo spettacolo con il backliner e il fonico di palco.

Visto che stai usando gli effetti anche sul computer, come gestisci le serate quando c’è un banco analogico e quando, invece, c’è uno digitale?

Per quanto riguarda il Waves Multirack, quando ho una console analogica non voglio moltiplicare le conversioni. Così, visto che il preampli SPL ha un’uscita digitale calibrata, vado direttamente al computer in SP/DIF e poi esco dal computer ed entro nel canale del mixer. Quando il banco è digitale, invece, è meglio perché posso entrare in analogico nell’SPL e tutto rimane digitale fino alle uscite.

Ho anche un MOTU Traveler che dispone di tantissimi in e out digitali, 16 ADAT e quattro AES. Così posso fare anche degli insert con i segnali digitali nel Waves.

Per i riverberi, uso da due a quattro riverberi secondo la configurazione che ho: se non ho tantissimi ingressi ed uscite devo ovviamente limitare quello che uso.

Come gestisci il suono sul palco che, mi pare, non è proprio silenzioso?

Qui siamo in teatro, ma in questa tournée ci sono anche dei club. Ci sono certe canzoni con volumi sul palco veramente elevati ma non è un problema, perché non cerco di sempre coprire il palco con il volume in sala. Cerco di seguire la dinamica del palco e quando diventa molto elevata, spesso taglio qualche microfono che poi diventa ridondante e faccio venire fuori il volume del palco. I musicisti sono abbastanza coordinati, comunque... quando uno suona forte di solito gli altri fanno lo stesso. Questo vuol dire che il fonico di palco sta facendo bene il suo lavoro. Molto dipende dal pubblico. Se la gente è in piedi e impazzita, la band si alimenta di questa energia e suona più forte. In questo caso, posso semplicemente tirare su il master e aggiungere un po’ di volume. Se tutti sono seduti e calmi, magari cerco di mixare un po’ di più e mantenere la voce davanti.

Come ti trovi con un impianto diverso ogni sera?

Avere il Lake dietro mi aiuta molto. Io semplicemente chiedo di avere una linea per il left, right, sub e front-fill (o delay dipendente dalla venue). Mi aiuta capire meglio quello che sento e mi permette di mettere le cose a posto come piace a me.

In generale in Italia ho trovato tutto molto accettabile. Abbiamo avuto uno spettacolo difficile a Napoli, perché la venue è stata una specie di discoteca. Ho dovuto passare un paio di ore ad accordare l’impianto per adattarlo a qualcosa non così pesante sui bassi. È stata una situazione difficile perché non c’erano dei tecnici residenti... le indicazioni finivano con “ok, collegate il banco qui.” Perciò, sono dovuto andare a seguire il cablaggio, collegare il Lake e cercare di accordare tutto.

In generale, però, il materiale che stiamo trovando in Italia equivale a quello che si trova in qualsiasi parte dell’Europa.

 

L’audio sul palco imany

Per sapere qualcosa del monitoraggio, facciamo una chiacchierata con Florent Namy, il fonico di palco.

“In realtà – ci racconta Florent – sto sostituendo un collega, Rémy Blanchet, che ha fatto il tour dall’inizio. Il mio referente è il direttore musicale e bassista, Stéphane Castry. Sul palco ci siamo io ed un singolo backliner, Houel Simon. In Italia viaggiamo con il nostro backline, perciò c’è molto lavoro per lui, mentre in Russia e Polonia anche il backline si troverà sul posto... perciò ce ne sarà il doppio!”.

“Il setup – dice Florent – non è niente di strano: ci sono 40 canali in ingresso. Abbiamo batteria, basso, due chitarre, due violoncelli, due tastiere e la voce. C’è un po’ di percussione africana – Cabassa ed udu – e non ci sono delle sequenze.

“Utilizzo un totale di 24 uscite, con gli effetti e tutto il resto. I mix sono otto per i monitor: quattro mix stereo per gli IEM e quattro mono per i wedge, side-fill e drum sub. Non ci sono sempre i side-fill, perché spesso siamo su palchi molto piccoli, ma, per esempio, ci sono stasera. Su quelli metto soltanto un pochino di cassa e basso.

“Per la tournée in Italia, Russia e Polonia, sto usando quasi sempre PM5D. Troviamo anche le console sul posto in questa tranche, perciò il rider richiede una PM5D, che si trova generalmente dappertutto, però succedono anche tante sorprese nei tour di questo genere.

“Non utilizzo nessuna snapshot sulla PM5D, così è una questione di mixare praticamente live in modalità analogica.

“In Italia – continua Florent – porto dietro i sistemi IEM per i musicisti, mentre in Polonia e Russia porto soltanto quelli di Imany ed il mio. Troviamo tutti i monitor a terra sul posto sempre, e porto dietro sempre un’unità di riverbero ed il radiomicrofono per la voce... poi basta”.

Trovi sempre quello che richiedi?

Dipende... ma questo fa sempre parte del lavoro.

L’artista che mix richiede?

Imany chiede un mix molto “discografico” per gli IEM, senza la voce troppo avanti e senza riverbero. Aggiungo solo un po’ di ambiente per renderlo naturale. Suo mix, infatti, si potrebbe ascoltare dal FoH senza problemi. Evito di comprimere qualsiasi cosa, su un paio di date ho compresso giusto la chitarra acustica.

Conclude Florent: “Ci sono tanti musicisti e, conseguentemente, molto volume sul palco. Antoine ed io rimaniamo in contatto costante e cerchiamo e lavoriamo insieme per fare un incastro che funzioni perché, quando i livelli sono questi, su palchi teatrali, in ambienti piccoli, il contributo del suono del palco all’audio in sala è importante e vice versa”.

 

imanyLe luci

Infine, parliamo con Sebastien Jaume, il lighting designer ed operatore.

“Viaggiando con la console – ci racconta Sebastien – riesco ad adattarmi a qualsiasi testamobile che trovo sul posto. Mandiamo in anticipo un rider luci con delle richieste e adatto ogni giorno lo show ai proiettori che trovo. La difficoltà vera è avere il rider completo che mi permetterebbe di illuminare lo spettacolo come da disegno.

“Su questa tournée – continua Sebastien – richiediamo otto spot, otto wash, sei LEDWash a terra e dei generici, ma ben venga tutto quello che trovo nei teatri; quello che trovo uso. Quando posso, integro anche tutta la dotazione del teatro allo show”.

Perciò è un riadattamento e una riprogrammazione per ogni data?

Sul mio rider vorrei ovviamente poter specificare sempre marchio e modello ma io so che, con questo tipo di produzione, non è possibile. Comunque, anche se specifico spot e wash con miscelazione CMY, spesso trovo motorizzati con ruote colori. Questo, purtroppo, comporta una riprogrammazione molto più complessa, perché le scene non sono solo da sistemare un po’, ma devono essere ricomposte al livello di colore. È sempre una sfida, ma nell’ambiente di una tournée di questo tipo lo posso considerare un po’ un gioco... un modo di rimanere allenato nella programmazione.

Quale console usi per tutta questa riprogrammazione?

Sto usando la più recente Hog, la Whole Hog 4. Io lavoro con High End come beta tester e ho fatto i test di tutte le ultime console, Whole Hog 3 e Whole Hog 2 prima di quella. Abbiamo comprato l’Hog 4 un anno fa mentre la provavamo. Conosciamo la grandMA e penso che solo due console siano in grado di mettermi in condizioni da riprogrammare così velocemente: la Hog 4 e la grandMA2.

La musica la conosco bene e, anche se il tour è nei teatri, le luci sono poco teatrali. Uso moltissimo controluce e faccio moltissimi accenti in tempo con la musica, in un modo un po’ più “rock and roll”. Ci sono anche momenti di accecamento del pubblico.

Il controllo è tutto in tempo reale e manuale. Le scene sono programmate per essere delle basi, ma poi ho tutti i gruppi di proiettori separati e sui fader della console, perciò “suono” le luci nel vecchio modo, e lo faccio diversamente ogni sera. In base alle dimensioni della venue, l’intensità delle luci deve cambiare molto.

Quanto tempo impieghi ogni giorno per riadattare lo spettacolo?

Arriviamo alla mattina e questo è sempre il momento in cui scopro il parco luci. Poi faccio il patch sulla console e passo il pomeriggio a riprogrammare lo spettacolo per i proiettori disponibili. Dipende da quello che c’è sul posto, è un lavoro che può andare da due a quattro ore.

“La tournée in Italia è stata interessante – conclude Sebastien –. Siamo stati in tanti paesi e abbiamo visto il modo diverso di lavorare in ogni paese. In realtà, non è più facile in Francia che qui. Più al sud si va più difficile diventa, sembra. Poi spostandosi al nord e all’est, Germania – ma anche Polonia, Russia ecc – se meglio attrezzati o no, gli operatori sembrano sempre più interessati al proprio lavoro”.

 

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Milano:

Service: FOR SOUND

PA: E.V. XLD 291 + E.V. XSUB

Firenze:

Service: AMANDLA

PA: E.V. XLD 291 + E.V. XSUB

Roma:

Service: MADEMA

P.A.: Meyer Sound Mica + Mina

Bari:

Service: INTERNATIONAL SOUND

PA: Nexò Geo-S1210 +Nexò LS18;

Napoli:

Service: PROFESSIONE SERVICE

PA: DAD   MA615P + Touring 218SP

Senigallia, Rimini:

Service: BACKSTAGE

PA: Geo-S1210 + Nexò LS18;

Torino:

Service: DADA

P.A Martin W8 LM (appeso) + SUB Martin WSX

 

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