20 anni di Radio Capital - One Night In Capital

Giovedì 8 settembre scorso, in Piazza del Popolo a Roma, si è tenuto il grande concerto di Nile Rodgers e gli Chic con l’orchestra per festeggiare la popolare radio nazionale.

di Alfio Morelli

a-IMG 9602-Quale miglior modo per festeggiare una radio se non con un grande evento musicale? È quanto successo a Roma in occasione dei venti anni di Radio Capital, o almeno da quando è stata organizzata come network nazionale. Oggi la radio appartiene alla società Elemedia del Gruppo Editoriale L’Espresso che ha prodotto il concerto in una venue particolare come quella di Piazza del Popolo a Roma. Qui, dalle ore 20:00, i coni degli altoparlanti del PA Adamson hanno cominciato a vibrare: protagonisti sul palco gli Chic di Nile Rodgers, accompagnati da un’orchestra di 60 elementi nata ad hoc per l’occasione. Non sono poi mancati, ovviamente, tutti i DJ, i conduttori ed i vari personaggi di Radio Capital.

Nile Rodgers, per chi non lo sapesse, è un autore e produttore di fama mondiale, e certamente anche chi non conosce il suo nome avrà sentito centinaia di volte i suoi pezzi, scritti per Chic, Diana Ross, David Bowie, Sister Sledge, Duran Duran, Madonna, Daft Punk e molti altri!

Una gran bella serata, molto ben riuscita, che vi facciamo raccontare dalla viva voce degli addetti ai lavori. Ottimo il visual e non da meno la diffusione audio; aggiungeremo solo che, stranamente ma neanche tanto, abbiamo apprezzato maggiormente la qualità della diffusione sonora della band live piuttosto che quella dei DJ Set… Ma sì: inutile spiegarlo… il motivo lo sapete da soli.

Carlo Ottino Direttore Generale di Elemedia

“Elemedia – spiega Ottino – è la società del Gruppo Espresso proprietaria delle tre emittenti radiofoniche nazionali: Radio Capital, Radio DeeJay e m2o. Oggi la protagonista, però, è solo Radio Capital. Perché questo evento? Radio Capital nasce a Milano come emittente locale, ma con Claudio Cecchetto, vent’anni fa, è diventata un network a livello nazionale. In seguito, il gruppo Espresso l’ha rilevata da Cecchetto, con l’obiettivo di creare una radio differente dall’altra emittente di sua proprietà, Radio DeeJay, sfruttando la propensione che era nel DNA di Radio Capital: quella giornalistica. Quindi una radio che avesse, da una parte, una bellissima musica e, dall’altra, una completezza d’informazione. Un’operazione che costituiva una novità per il mercato dell’epoca ed ora, dopo vent’anni, siamo qui a festeggiarne il successo.

“Abbiamo voluto festeggiare a Roma perché qui c’è la nostra sede, scegliendo la piazza che rappresenta meglio la città; ma anche un artista, Nile Rodgers, che rappresenta la sintesi dell’essenza di Radio Capital: un protagonista della musica da tanti anni, che nel tempo si è sempre rinnovato, partecipando a collaborazioni e produzioni sempre attuali. Del resto Nile Rodgers è quello che ci ha fatto ballare da giovani con gli Chic, ma è anche quello conosciuto dai ragazzini per la sua collaborazione con i Daft Punk. Inoltre quella di oggi è una vera e propria festa, e Nile ha un repertorio da party dalla prima all’ultima canzone.

“Di certo – conclude Ottino – l’elemento innovativo è stato quello di affiancare a Nile Rodgers un’orchestra di sessanta elementi: una novità per la disco music. Si tratta di un’idea del producer Jimmy Pallas che mi è piaciuta immediatamente, del resto Radio Capital è la radio della bella musica che noi abbiamo voluto celebrare facendola suonare dal vivo”.

Jimmy Pallas  Produttore esecutivo

“Lavoro con questa radio e con il Gruppo L’Espresso da molti anni – ci spiega Jimmy –; nel 2016 Radio Capital compiva 20 anni ed il gruppo voleva festeggiare l’evento, così mi hanno contattato proponendomi il lavoro. Già dalle prime riunioni, vista la loro precisa collocazione musicale, mi è venuto in mente di unire il funky con la classica, quindi di mettere assieme un’orchestra classica con il gruppo degli Chic. Non avevo pensato che mi sarei trovato in mezzo a 82.000 pagine di spartiti, alla cui scrittura il buon Giacomo Loprieno, direttore dell’Ensemble Orchestra, ha lavorato, insieme a me, per un’infinità di settimane, ma il risultato è stato incredibile”.

Tu sei un direttore di produzione: cosa c’entri con gli spartiti?

Con gli spartiti in sé poco e niente, ma ho lavorato insieme al direttore Giacomo Loprieno che si è interfacciato con Russel Graham, tastierista nonché direttore musicale di Nile. Non dimentichiamo che noi siamo in Italia e loro spesso negli USA e in giro per il mondo, con vari mezzi di comunicazione e fusi orari diversi. Giacomo in passato ha lavorato con me a molte situazioni decisamente diverse dal solito, e so che lui reagisce bene ai diversi stimoli: volevamo un’orchestra che interagisse perfettamente con la band, senza tirarla indietro; un obiettivo raggiunto pienamente.

 Lavori per quale azienda in questa situazione?

Lavoro con la mia società, 9PM. Ho coinvolto anche molti miei amici di sempre, da The Base con Max Bucci e Sergio Giuliani, anche Marco Di Laurenzi mi ha dato una grandissima mano su tutto, con Matteo Chichiarelli, Bruno Emiliozzi e Antonio De Grandis che mi hanno aiutato nella produzione, creando una comunità meravigliosa.

È capitato tutto a cavallo del cambio di sindaco. È successo qualcosa per questo?

È successo che siamo riusciti a ottenere la piazza quando non c’era la giunta comunale, infatti è stato Tronca ad autorizzarci, a cavallo tra una giunta e l’altra, ed è stato difficile perché non sapevamo se poi il tutto sarebbe continuato. Alle varie riunioni abbiamo trovato persone meravigliose, soprattutto considerando il loro timore relativo a questa piazza, perché ad un precedente festival organizzato da un’altra emittente radio hanno ricevuto molti esposti. Noi abbiamo lavorato una settimana e non abbiamo avuto neanche un esposto, perché abbiamo rispettato la loro richiesta di scaricare i camion dalle quattro alle sette del mattino e, per far questo, abbiamo allungato di un giorno la produzione. Abbiamo anche rispettato la volontà del prete che ci ha chiesto il silenzio dalle sette alle otto di sera per poter celebrare tranquillamente la messa, così noi a quell’ora siamo andati tutti a cena. Ad un certo punto sembrava che ci fossero dei problemi per la concessione della piazza, visto il periodo molto caldo a Palazzo Marini; a me durante una riunione mi è tornata in mente un reminiscenza scolastica: nel 1347, un decreto papale stabilì che le piazze davanti alle chiese dovessero essere date in uso ai circensi o alle produzioni itineranti: non a caso questa si chiama Piazza del Popolo.

Quando hai iniziato a lavorare al progetto? 

A fine gennaio, quando ho chiamato Peter (Herman, Road Manager degli Chic – ndr) chiedendogli se fosse interessato. Ci siamo incontrati a New York, che quella sera era completamente bloccata per via di una tempesta di neve mentre io l’indomani avevo l’aereo a Boston per tornare. Allora l’ho chiamato chiedendogli di incontrarci alle tre del mattino e così è stato. Lui ha accettato, abbiamo festeggiato ubriacandoci come dei pazzi, io poi sono schizzato a Boston. Sono tornato e Marco è venuto da me con l’ottima notizia che The Base aveva ottenuto il permesso di usare la piazza, e l’orchestra aveva accettato: insomma è avvenuto un miracolo dietro l’altro, compreso quello di oggi con la giornata splendida uscita fuori all’improvviso.

Quali sono stati i tuoi partner fidati in questa avventura?

Tutti, dal primo all’ultimo. La cosa bella di questo lavoro è il fatto che, dopo 34 anni, ogni volta è la prima volta; e le persone che conosci da sempre le quali, negli anni, hanno fatto carriera diventando importanti manager, sono pronte a collaborare mettendosi in pantaloncini, ognuno per le proprie competenze. Io e John abbiamo parlato quotidianamente per sei mesi, costruendo un mattoncino alla volta; Max Tomasino ha fatto il disegno luci e l’impostazione 3D della piazza; di Ryan e Dellatorre che dire? Hanno solo una settantina di persone in più sul palco!

Marco Dellatorre –  Monitor engineer

“Nel 2005 – racconta Marco – lavoravo come fonico di palco al TIM Tour; tra i vari ospiti italiani e internazionali c’erano anche gli Chic. Alla prima data mi approcciai normalmente alla band come avevo fatto fino a quel momento per qualsiasi altra band ospite del tour, così andai dal batterista Omar Akim per chiedergli se usasse il click; lui si girò e mi rispose: “I am the click!”. Dopo un giro da parte di tutti, il manager arrivò con un foglio A4 con le indicazioni base di quello che ognuno di loro avrebbe voluto nei monitor, monitoraggio che al tempo era rigorosamente tradizionale, solo wedge. Già dal soundcheck capimmo che sarebbe stato un concerto fantastico, ed in effetti fu meraviglioso. Loro tornarono ospiti del tour per tre o quattro date, come l’anno successivo, mentre a settembre 2005 tornarono in Italia per l’inaugurazione dell’atelier di Tommy Hilfiger a Milano, perché Nile e lo stilista sono molto amici. Il manager, che aveva conservato i nostri numeri di telefono, ci contattò: noi in quel momento eravamo liberi, così andammo a fare questa data e, da lì, nacque questo sodalizio che dura da ormai 12 anni in giro per il mondo”.

Cosa trovate andando in giro per il mondo con loro?

Se ti dovessi riassumere con un solo concetto i vari aspetti che trovo differenti dagli ambienti italiani, direi che, prima di tutto, c’è più rispetto a tutti i livelli. Quello che ho riscontrato, ad esempio, da parte delle produzioni è l’interesse che queste hanno nel far sentire e lavorare bene noi tecnici, nella consapevolezza che, se io sto bene e mi trovo a mio agio, poi do il cento per cento per l’artista e per lo spettacolo. E questo non solo verso noi tecnici, ma verso tutte le categorie professionali. Sto parlando di tanti piccoli accorgimenti, che però, messi insieme, ti portano a fare un back-to-back Marsiglia-Reykjavik con il sorriso, alle tre del mattino. Con questo non voglio fare polemica e dire che, al contrario, in Italia è tutto brutto, perché sono consapevole che anche in Italia ci sono delle realtà molto interessanti, sto solo dicendo che si respira un’aria diversa, e sarebbe bello che quest’aria arrivasse anche qua.

All’estero fai tu le richieste? Trovi il materiale che chiedi?

Al 95% sì. Dopo varie esperienze abbiamo stabilito che sia Johnny a farsi carico delle richieste tecniche locali, sia per la sala, sia per il palco e le luci. Abbiamo un rider nato dodici anni fa ma che abbiamo costantemente aggiornato; sono elencate circa venti console, della serie “questo è tutto quello che noi possiamo usare, scegliete secondo quello che avete” e io sto tranquillo che il lavoro lo portiamo a casa. Per quanto riguarda i radiomicrofoni, invece, i musicisti sono letteralmente innamorati di Shure, quindi tendiamo a chiedere sempre quelli, anche se, quando abbiamo lavorato con Sennheiser, ci siamo trovati altrettanto bene. Di nostro ci portiamo dietro un Pelican Case contenente una DI box per il bassista, un accordatore Ernie Ball, gli in-ear per Nile, due o tre pedali tra cui un distorsore e un delay, un microfono per batteria D6, di cui Johnny è innamorato e poco altro. Poi ci portiamo il gooseneck, un’estensione mobile e flessibile per il microfono del rullante: una clip Shure della serie Beta 98, da mettere sotto, a cui abbiamo avvitato una clip normale per reggere un SM57 per il rullante sopra, con un altro gooseneck più corto avvitato alla stessa clip. Questo ci torna utile in situazioni di festival in cui non si fa soundcheck: prepariamo tutto dietro e poi portiamo la batteria al suo posto sul palco senza perdere l’impostazione dei microfoni; utilissimo anche quando c’è da fare un cambio di rullante durante il concerto: ci basta svitare la clip e riavvitarla al rullante nuovo per avere i due microfoni già posizionati. C’è da dire che loro hanno una cura maniacale per il suono alla fonte, quindi io preferisco equalizzare il meno possibile e fare un lavoro più di assemblaggio che di trattamento del segnale.

Se noti, abbiamo mantenuto un numero importante di monitor perché la loro forza è quella di essere old school, quindi il suono sul palco ci deve essere, con pressioni anche molto elevate. Quindi, anche chi ha l’in-ear ha un monitor wedge, e ti devo dire che per questo genere musicale ci sta, funziona.

Qui lavori con Francesco Penolazzi: come vi siete divisi i compiti?

Abbiamo tenuto le cose divise ma unite: non abbiamo voluto fare una mega-console che facesse il monitoraggio per tutti, anche se il mercato ormai propone solo prodotti che ti permettono di fare questo tipo di discorso; abbiamo preferito fare con calma e bene le due cose. Quindi io curo il monitoraggio della band Chic, premixo delle cose della band che rilancio a Francesco via MADI e prendo da lui dei premix dell’orchestra, sempre via MADI. In più lui mi gira praticamente quasi tutta l’orchestra singolarmente, anche perché ho sempre la registrazione da fare. Nile, infatti, ci tiene ad avere sempre la registrazione: abbiamo un archivio di multitraccia ormai sconfinato! La registrazione è collegata in digitale: quella principale è un 128 canali, quella secondaria è una spare su 64 canali con i premix.

La band ha un monitoraggio diretto, mentre l’orchestra usa Aviom, quindi, una volta smistati i segnali, i musicisti sono autonomi.

John Ryan – FoH engineer

Segui come fonico Nile Rodgers in tutto il mondo: gli avete mai chiesto come mai abbia scelto proprio voi italiani?

Noi non glielo abbiamo mai chiesto, ma quando altri glielo chiedono lui risponde: “Perché sono un super italian team!”.

Il tuo lavoro oggi, però, è un po’ particolare rispetto al solito...

Esatto, per la prima volta facciamo il nostro concerto con un’orchestra. È capitato che Nile, insieme alle due vocalist, facesse delle Night of the Proms con orchestra, ma questa volta Jimmy Pallas ha voluto fortemente avere tutta la band. 

Cosa succede in giro per il mondo con Nile Rodgers?

Il mio lavoro inizia con gli advance tecnici, perché chiediamo tutto sul posto: non ci portiamo dietro nulla a parte un mio Audix D6, a cui sono sempre fedele, e poco altro. Generalmente, come residenti audio, siamo io e Marco Dellatorre, qualche volta abbiamo l’onore di avere l’amico Tony Soddu. Quando ci siamo conosciuti, nel 2004, si portavano dietro solo un guitar tech, poi, a partire dal TIM tour, è iniziata una vera relationship. In giro generalmente trovo quello che chiedo, tranne nei festival, però tendo a imporre delle preferenze: in primis Adamson, seguito dal Vero della Funktion-One, il nuovo sistema che, devo dire, è davvero sorprendente, usato per la prima volta a Londra a giugno. Per quanto riguarda il mixer, come preferenza vado sempre su Yamaha, oppure DiGiCo, Studer, Soundcraft, Midas, sono console che hanno tutte un suono bellissimo. Nella lista ho anche Profile di Avid, che si trova tantissimo in giro per il mondo, quindi bisogna lavorare anche con quella. Qui ho una PM1D che, anche se ormai in giro da una quindicina d’anni, rimane forse la più affidabile.

Qual è il tuo setup qui?

Sono indipendente dagli altri mixer sul palco, dove ci sono due console: Francesco Penolazzi controlla tutti gli archi con una PM5D + DSP-5, mentre Marco Dellatorre ha una SSL 500, la nuova Live, con la quale mixa tutta la band, e tra loro si scambiano band su archi e archi su band. Diciamo che il lavoro più grosso forse lo ha fatto Francesco partendo dall’orchestra, come channel list. Questa è di certo una serata unica nel suo genere, con un lavoro a monte incredibile: le parti musicali non esistevano, è stato fatto un enorme lavoro da parte del direttore d’orchestra che ha tirato giù le parti dalle registrazioni dei nostri live e ha lavorato ininterrottamente con Russel Graham, il nostro tastierista, nonché direttore musicale di Nile, che nel frattempo era anche negli Stati Uniti con noi a fare il tour dei Duran Duran. Ieri abbiamo fatto la prima prova con band e orchestra e, per essere la prima prova, è stata fantastica. Ho avuto solo qualche problema iniziale nel balance e nei rientri, ma sul palco hanno fatto tutta la scaletta e al massimo si sono fermati dieci volte per ripetere un paio di parti. Insomma: quasi buona la prima. 

Massimo TomasinoLighting designer

Qual’è stato il tuo percorso con Nile Rodgers?

Collaboro con Nile Rodgers dal 2010, con cui si è creato questo bel gruppo di lavoro tutto italiano, con me, John Ryan e Marco Dellatorre. L’artista e la produzione si sono trovati molto bene, così la nostra collaborazione in tutti i suoi concerti in giro per il mondo continua ininterrotta. Jimmy Pallas, che produce questo evento di Radio Capital, quando ha saputo che lavoravamo con Nile, mi ha chiamato e mi ha proposto di curare l’intera serata e non solo il nostro show. Ho accettato, e già dal primo rendering che gli ho mandato abbiamo capito di essere sulla stessa lunghezza d’onda: Jimmy è una persona molto competente, e infatti mi ha dato subito delle dritte sul rendering da presentare ai produttori, ad esempio mi ha chiesto se fosse possibile avere la visuale di tutta la piazza. Io con SketchUp ho scaricato su Wysiwyg tutta la piazza con l’obelisco, le ambulanze, il camion, le transenne… quindi lui ha potuto presentare un progetto completo, una situazione che è piaciuta e che si è aggiudicata il lavoro. Vedendo adesso il palco, sembra che io abbia voluto dargli un’impostazione televisiva, ma ti assicuro che, grazie allo spider a sei braccia, l’atmosfera si fa abbastanza dance/pop. Parlando di materiale, ho 50 nuovi ProLights Arena COB4FC che non avevo inizialmente previsto. Il service audio, luci e video di riferimento per la serata è Rooster di Pasquale Lombardi: ho fatto la lista della spesa e ho poi chiesto qualcosa in più. Pasquale ha interpellato Music&Light, che mi ha proposto gli Arena (i Coldplay ne hanno 200, io ne uso 50). Il resto del materiale dà garanzia di sicurezza, perché è ben rodato e conosciuto: Luma 1500 Profile a LED, prodotto leggero e silenzioso che fa una bella luce, poi Jade, un ibrido tra spot e beam, che fa una bella luce ed è molto versatile. La chicca sono questi Arena Cob, a cui aggiungo i Diamond37 LED usati all’Olimpico con Antonello Venditti: da 16 metri il fascio arriva a terra con grande efficacia. 

Quindi quasi tutto ProLights?

Sì, poi ho 12 Robe DLS frontali a LED, che mi piacciono molto perché riesco a farci un bianco a 5600 K o a 3200 K molto preciso. Ho messo anche delle barre a terra in controluce dietro l’orchestra, perché in alcuni momenti l’orchestra non lavora e non mi piaceva l’idea di vedere i musicisti seduti lì, così non li illumino frontalmente, ma do un controluce da terra che fa un effetto silhouette. Abbiamo poi uno schermo gigante che la produzione ha voluto come se fosse un televisore enorme: io l’avrei diviso in tre sezioni, ma Jimmy mi ha detto che l’idea era di averlo intero, e in effetti funziona. Vengono visualizzati dei contributi storici della radio, grafiche e immagini live di Nile in diretta. 

Devo dire di essere molto soddisfatto del risultato complessivo del visual di questo concerto. 

 

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