Piadina, Pink Floyd e Durga McBroom

Due serate con due tribute band romagnole dei Pink Floyd

di Alfio Morelli e Douglas Cole

Spesso i nostri lettori ci chiedono di interessarci di produzioni minori per poter portare alla luce anche altri mondi e professionalità. Per accontentarli siamo andati a scomodare alcuni nostri amici appassionati di musica che, molto per passione e molto meno per denaro, ogni tanto fanno delle serate suonando ed emulando i famosi Pink Floyd. Stiamo parlando dei Floyd Machine e dei Sound Project, due tribute band romagnole.

Il primo gruppo, Floyd Machine, nasce per la passione della musica di Flavio Camorani, molto conosciuto nell’ambiente musicale per avere una delle collezioni più complete a livello europeo di chitarre Fender. L’idea prende forma nel 2005 quando con degli amici musicisti si mettono in testa di riproporre lo spettacolo “The Wall Live Tour”, logicamente accettando qualche compromesso sia tecnico che di budget. Invitati dal nostro amico Aldo Visentin, che per il gruppo ha curato il disegno luci e le programmazioni dello spettacolo (quando è libero dagli impegni, per diletto fa perfino l’operatore luci), ci siamo recati ad una serata a Forlì, al teatro Fabbri. I Floyd Machine hanno scelto di acquistare e gestire tutta l’attrezzatura che usano: dispongono di un impianto audio della tedesca Dynacord e un impianto luci prevalentemente con materiale Red Lighting. Lo spettacolo è molto piacevole, mentre le sonorità e le scenografie sono molto simili all’originale, naturalmente con tutti i distinguo del caso. Di particolare fascino sono gli effetti luci, e non mancano nella trama del concerto i video che accompagnano alcuni pezzi, anche se nel montaggio video qualche pecca si nota. Presenti ovviamente i laser e l’immancabile maialino che vola sulla band. Continuando a monitorare il sito del gruppo, con un po’ di stupore, abbiamo notato che per la stagione estiva hanno collezionato diverse date anche in zone lontane dalla Romagna. In effetti è uno spettacolo molto piacevole: si passa una bella serata ascoltando della buona musica e, con un po’ di fantasia, quasi sembra di ritornare indietro nel tempo fino agli anni Ottanta, quando i Pink Floyd deliziarono anche i fan italiani, soprattutto col celebre concerto di Venezia il 15 luglio del 1989.

La seconda cover band è quella dei Sound Project di Rimini che, ovviamente, nascono dalla passione per la musica e dall’adorazione dei Pink Floyd. Una chiacchierata con il nostro amico Stefano Ripa ci fa percorrere la storia del gruppo, iniziata nel 2006, quando cinque amici si mettono a provare in cantina; pian piano si aggiungono altri due musicisti ed infine anche tre coriste… ed il gioco è fatto. Una volta soddisfatti del risultato musicale, hanno voluto confrontarsi con il pubblico, perché, si sa, per un musicista l’aspirazione e la sfida più grande sono salire su un palco e vedere l’effetto che fa. I primi concerti si conclusero positivamente, dando la carica necessaria a proseguire. Dopo gli esordi “fai da te”, il gruppo decide di affidarsi ad un service, in particolare il reggiano Pro Music, di Stefano Corrias, che quindi, ad ogni concerto, installa la scenografia luminosa, il video e l’impianto audio. Il disegno luci è stato curato da Roberto Andreoli di Rovigo, che fa anche da operatore, anche lui un musicista appassionatissimo dei Pink Floyd. Stefano è invece il tastierista del gruppo, suonando l’Hammond, ma in un paio di pezzi si sposta alla batteria, perché… il batterista titolare si sposta a fare il sassofonista!

Il gruppo ovviamente non sempre guadagna dalle serate, ma a volte può permettersi qualche regalo, come la partecipazione al loro concerto al Teatro Nuovo di San Marino di Durga McBroom, storica corista dei Pink Floyd.

Un giudizio conclusivo sulle due band è sicuramente positivo: in entrambi i casi si assiste ad uno spettacolo al di sopra delle aspettative. Sarebbe sciocco fare i confronti con l’originale, ma si nota tutta la passione che i componenti dei gruppi mettono nella performance. Tecnicamente possiamo dare un parere favorevole sotto l’aspetto delle scenografie luci ai Floyd Machine: si vede la mano di un professionista come Aldo Visentin, mentre la parte musicale ed audio è sicuramente a favore dei Sound Project: forse la scelta del service esterno, con le apparecchiature sempre aggiornate, ha la sua importanza.

Tali giudizi positivi perdono comunque il loro significato quando comincia lo show di Durga McBroom che, con la sua presenza e la sua voce, mette tutto il resto in ombra.

Durga McBroom

A San Marino, per la serata dei Sound Project, abbiamo approfittato dell’opportunità per fare due chiacchiere con la signora McBroom-Hudson. Ci dobbiamo accontentare di questa breve intervista, ma ci sarebbe piaciuto poter passare un’intera giornata a parlare con lei, perché, oltre che simpatica e divertente, è anche testimone in prima persona della scena musicale internazionale degli ultimi trent’anni, avendo collaborato non solo con Pink Floyd, ma anche con Billy Idol, Fishbone, Culture Club e tanti altri, e avendo avuto grande successo nella scena techno negli anni ’90 con Blue Pearl. Vanta anche dei crediti come attrice in una dozzina di film, compreso Flashdance, nonché in alcune serie TV.

Com’è nata la tua collaborazione a questa serata?

Un paio di anni fa, qui in Italia, lavorando con un’altra tribute band, ho conosciuto Moira Mogentale con cui sono diventata amica. Da allora sono tornata diverse volte e lei ha cominciato a lavorare con me come agente ed assistente, facilitando i contatti con altri gruppi. È stata quindi Moira a mettermi in contato con Sound Project.
In questa tournée in Italia, durante questo mese, sto facendo sette diversi spettacoli con sei diverse tribute band dei Pink Floyd! L’Italia probabilmente ha più tribute band di qualsiasi altro paese nel mondo.

Tu giri proprio tutto il mondo cantando con le cover band dei Pink Floyd?

Sì, assolutamente. A febbraio ho girato il Brasile, poi l'Olanda; adesso sono in Italia e proseguirò con un giro in Finlandia.

Deve essere una vita divertentissima – incontri sempre nuove persone e hai l’opportunità di cantare insieme a tantissimi diversi musicisti

È fantastico, veramente. Tutti sono molto simpatici e rispettosi e ho fatto innumerevoli amici in tutto il mondo.

Così hai un accordo informale per gestire questi contatti o hai un agente specifico che ti cura i contatti con tutte le cover band?

Ho un amico che, penso, sia il più grande fan dei Pink Floyd a livello mondiale. Fa del suo hobby un mestiere e conosce tutti i gruppi di questo tipo in tutto il mondo. Pian piano tra noi si è creato un rapporto un po’ da agente. Lui stabilisce i contatti con queste band, rappresentando Durga McBroom, presentando me e le mie esigenze pratiche ed economiche. Se interessa una mia prestazione, mi mette in contatto con il gruppo ed io proseguo il lavoro da quel punto in poi, curando da sola tutti gli aspetti del management.
In effetti non è facile, anche perché attualmente mio marito ha importanti problemi di salute e stare lontano da lui è logorante. Però qualcuno deve pagare l’affitto. (purtroppo, suo marito, Mark Hudson, si è spento quest’estate, successivamente a questa intervista – ndr).

Quanto tempo sei in giro durante l’anno?

Questa volta è l’unica in cui resterò fuori per un mese intero, ma sono fuori ogni mese per almeno una settimana alla volta.

Come scegli le collaborazioni? Sicuramente devi avere qualche meccanismo di “filtraggio”, no?

Ecco... per accettare, mi devono mandare un videoclip o una registrazione dal vivo. Ammetto che ho lavorato con alcuni gruppi che erano meno bravi o capaci rispetto ad altri. Mi sono resa conto velocemente, quando ho cominciato a fare questa cosa, che un po’ del mio lavoro doveva consistere proprio nel mostrare loro – ed un po’ insegnare loro – che una tribute band dedicata ai Pink Floyd deve raggiungere certi livelli. Perciò, mi trovo spesso a fare delle prove musicali molto impegnative con tanti gruppi. In molti casi cerco di correggere approcci sbagliati e, delle volte, anche armonie ed altri aspetti musicali che sono stati trascritti in maniera errata. Le espressioni nei loro volti quando finalmente eseguono un brano in maniera corretta sono una grande soddisfazione. Sono un’umile viaggiatrice, facendo la mia piccola parte nel diffondere il vangelo dei Pink Floyd!

Quali altri progetti musicali hai attualmente?

Ho cantato nel recente disco reunion di Culture Club e sono tornata a lavorare dopo vent’anni con Youth (il produttore Martin Glover) registrando il secondo disco di Blue Pearl. Quello è attualmente in mixaggio a Londra.

Anche quel progetto è stato un bel successo per te qualche anno fa, no?

Oh, sì. Negli anni Novanta abbiamo avuto un gran successo con Naked in the Rain, che è andato al quarto posto in classifica in Inghilterra e al secondo posto in diversi paesi europei. Poi ci sono stati quattro o cinque altri singoli nei top 20 in quegli anni.
Mentre registravamo questo nuovo disco, Youth mi ha detto anche che stava co-producendo il nuovo disco con i Pink Floyd. Visto che c’ero, mi ha chiesto di mettere giù dei cori su tre dei brani – una cosa piuttosto strana, perché il disco, in quel momento, era completamente strumentale – e l'ho fatto nel mio miglior modo. David (Gilmour – ndr) ha poi deciso di tenerli. In seguito, sul brano Louder than Words, David è tornato a mettere la voce... così, i cori – gli oooohh e gli aaaahhhh – sono stati effettivamente registrati prima del testo.

Per il futuro?

Beh, ho ancora nel cassetto di registrare il Durga McBroom-Hudson album, più neo-soul e jazzistico, ma vediamo se arriverà mai il momento... sono ancora giovane!

Quali sono le tue richieste tecniche?

Qualche tempo fa Sennheiser, molto graziosamente, mi ha regalato un microfono e935. Hanno dei modelli che sono più blasonati, ma avevo scelto questo perché è un microfono eccezionale, che taglia attraverso tutto come un bisturi. È anche in grado di reggere bene la mia voce, che uso in modo piuttosto potente. Ho usato molto spesso anche un mio microfono dinamico Telefunken M80, anche questo piuttosto robusto, ma più che altro mi piaceva perché è porpora! Adesso preferisco il 935: è più… pulito!

Floyd Machine

 

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